L’argomento del giorno, oltre al Festival di Sanremo, è la protesta degli agricoltori. Un’onda lunga, partita dalla Francia (iniziata in opposizione alla decisione di quel Governo di ridurre le agevolazioni fiscali sul prezzo dei carburanti usati nel settore), che poi si è estesa alla Germania e “planata”, dopo qualche settimana, nel nostro Paese. Peraltro, è notizia di ieri che, proprio nel Paese in cui aveva preso il via, il sindacato che riunisce i lavoratori agricoli, ha accettato le proposte governative, facendo rientrare le proteste. E, sempre ieri, la Commissione Europea ha deciso di ritirare la proposta legislativa che avrebbe imposto la riduzione dell’uso dei pesticidi, l’altro motivo principale contestato dal settore (un elevato uso di sostanze chimiche, si sa, può provocare gravi danni all’equilibrio naturale, garantendo, dall’altra parte, una maggior produzione e, quindi, maggiori ricavi).
Tornando alla Francia, oltre alla conferma delle agevolazioni fiscali sui prezzi del carburante agricolo, sono stati varati aiuti straordinari per circa € 400 ML a favore di allevamenti, colture biologiche e vitivinocole, in aggiunta agli aiuti a favore di chi vuole intraprendere quell’attività.
E’ probabile, quindi, che anche da noi si vada in quella direzione. Si parla, infatti, di agevolazioni fiscali (quali l’esenzione totale della dichiarazione IRPEF per redditi agrari e dominicali – quelli cioè relativi al possesso dei terreni – sino ad € 10.000), oltre che alla reintroduzione del credito di imposta per l’acquisto del carburante. Provvedimenti che potrebbero avere un impatto sui conti pubblici tra i € 200 ML ed € 250 ML. C’è poi un altro motivo che ha indotto alla protesta: per poter usufruire ai contributi UE, la normativa impone che almeno il 4% dei terreni sia lasciato incolto. Norma, almeno per chi non opera nel settore, abbastanza difficile da comprendere.
A conferma che il Festival, oltre al più importante evento canoro del Paese, è anche politica, si sta cercando di arrivare ad una soluzione prima che qualche trattore “salga”, in senso metaforico, sul palco dell’Ariston, cosa che equivarrebbe ad una vera contestazione al Governo. Che avrebbe, visto lo “share” bulgaro che contraddistingue la manifestazione (anche se i dati della 1° serata non sono ancora stati resi noti), un impatto mediatico enorme (e, a pochi mesi dalle elezioni europee, non sarebbe un punto a favore delle forze politiche che sostengono il governo. Paradossalmente (in questa settimana) fa di più Sanremo di qualsiasi addetto ai lavori.
E quindi, alla fine, ancora una volta, non sono “solo canzonette”… (come sa bene la Rai, che, a fronte di costi, organizzativi e operativi, per circa € 20 ML “porta a casa”, solo in termini di pubblicità, circa € 56 ML: anche l’Italia, pertanto, ha il suo “superbowl”).
Chiusure leggermente contrastate, ieri sera, a Wall Street, con il Dow Jones a + 0,37%, mentre il Nasdaq si è fermato appena sotto la parità (– 0,23%), con lo S&P 500 a + 0,2%.
Questa mattina primeggia, nuovamente, Shanghai, in rialzo dell’1,4%. Comincia a farsi largo la sensazione che il livello dei prezzi attuale sia una buona base da cui ripartire, grazie anche al susseguirsi di dichiarazioni governative che lasciano intendere la volontà di stabilizzare il mercato.
Appena negative Tokyo e Hong Kong (- 0,11%), per una volta allineate. In Giappone si fa sempre più strada l’idea che la Banca Centrale possa abbandonare la politica dei tassi sotto zero (si ipotizza che a fine anno possano essere allo 0,25%, fatto quasi incredibile per un Paese abituato, da decenni, a tassi negativi).
Futures in leggero ribasso di qua e di là dell’oceano, con cali comunque nell’ordine dello 0,10%.
Petrolio in leggera ripresa, con il WTI che si porta sopra i $ 73 (73,37).
Gas naturale Usa poco mosso, a $ 2,014.
Oro $ 2.052,60.
Non si muove lo spread, sempre “ancorato” ai 154 bp.
BTP a 3,87%, sui livelli di ieri.
Bund 2,30%.
Treasury 4,08%.
€/$ sempre intorno a 1,077.
Bitcoin che continua a “girare” intorno ai $ 43.000 (42.931).
Ps: in queste settimane è aumentata, come ben sappiamo, la preoccupazione relativa al transito del canale di Suez, in considerazione del fatto che oltre il 12% del commercio internazionale transita da lì. Peraltro, ancora superiore è la portata del traffico web: si calcola, infatti, che ben il 17% del traffico web globale transiti con cavi sottomarini sotto il canale. Una notizia probabilmente a molti sconosciuta: ma non agli Houthi , che pare siano in possesso di una mappa dettagliata di dove sono posati.